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Castello e centro storico

IL CASTELLO E IL “RICETTO”

Come già accennato, il castello di Lerma risale nelle sue strutture fondamentali alla fine del XV secolo quando la costruzione venne realizzata da Luca Spinola. L’imponente edificio del castello si erge su una rocca tufacea che sovrasta il fiume Piota conserva intatta all’interno della cinta muraria l’antico “ricetto”, il primo nucleo del villaggio che prese il nome di l’Herma. Lo schema costruttivo è a corpo unico in stile francesizzante e simile come impianto ai castelli di Montaldeo, Mornese e Silvano d’Orba. La costruzione ha così assunto una pianta a pentagono irregolare, con il lato sud difeso dal torrione. Lo stesso apparato difensivo rivela un edificio di transizione, tra la fortificazione ed il maniero signorile, infatti si può notare la mancanza di caditoie tra un beccatello e l’altro, e i merli stessi sono parte integrante di finestre e del tetto formando un apparato a sporgere divenuto quasi un elemento decorativo. Inoltre è da segnalare una sobria presenza di bifore nella parte più alta e dal lato nord. Sotto ogni finestra vi è una feritoia strombata da usare come bombardiera e sui lati due fuciliere completano gli apprestamenti bellici. Simbolo di comando e signoria, nella parte nord, rivolta verso il borgo, s’innalza la nuova torre quadrata e sulla parete est è dipinto un enorme stemma degli Spinola. Al centro del castello è ricavato un caratteristico cortile triangolare quattrocentesco, con arcate e colonne in pietra e bifore.

Situato su un displuvio a pendio con strapiombi su entrambi i lati, il borgo era pressoché inespugnabile. Una delle torri cilindriche di origine medievale è stata trasformata nel ‘400 in abside della chiesa parrocchiale, ma ha conservato la struttura originaria propria delle torri dei castelli del Monferrato. Attraverso una porta ad arco, presso cui funzionava anticamente un ponte levatoio, si accede nella piazza, sulla quale si affacciano il castello e la chiesa.

All’interno, i numerosi saloni, le sale ed altri ambienti espongono alle pareti una ricca collezione di quadri, completano l’arredamento mobili d’epoca e suppellettili antiche, e una galleria degli stemmi della casa Spinola che ancora oggi appartiene al marchese Andrea Spinola.

Usciti dalla chiesa c’è il “ricetto” che si sviluppa su di uno sperone strapiombante su due lati e, quindi, privo di fortificazioni su di essi, disposto su di un asse nord ovest-sud est. Il complesso del ricetto era munito di due accessi: uno a valle e l’altro di pertinenza del castello. Secondo uno schema molto regolare, dalla via principale si dipartono, a pettine ed a distanze costanti, le vie che delimitano le varie isole edilizie. Dall’accesso inferiore del ricetto si dipartiva un sentiero scosceso che scendeva in fondo valle e, costeggiando la riva del torrente, un tempo, raggiungeva la Chiesa di S. Giovanni.

LA LEGGENDA DELLE ROSE D’ORO

Una leggenda, che ancora si narra tra gli abitanti del luogo, è legata al soggiorno al castello nel 1565 di donna Isabella Corvalan, dama d’onore della regina di Castiglia. Si narra che in quel tempo un gruppo di cavalieri appartenenti alla Repubblica Marinara genovese si recarono al castello per consegnare a donna Isabella, la quale era in procinto di ritornare in patria, uno scrigno di cristallo contenente tre rose d’oro i cui petali erano tempestati di rubini rossi per la Regina. Il dono nascondeva, nella disposizione delle pietre preziose, nel loro colore, nella loro dimensione e nel loro numero un messaggio in grado di essere interpretato solo dagli appartenenti ad alcuni ordini cavallereschi segreti, iniziati all’esoterismo. Infatti la sovrana, che era affiliata ad uno di essi e svolgeva un’intensa attività politica, era da tempo in relazione segreta con la Repubblica.

Donna Isabella, visto i tempi perigliosi, volle mettere al sicuro il dono prezioso in un nascondiglio segreto, pare, in una cavità del cortile fra il loggiato e la scala esterna. In quei giorni donna Isabella fu richiamata dal Viceré spagnolo a Milano per ricevere istruzioni per il suo rientro in patria e per cause ancora sconosciute, purtroppo non riuscì a tornare al castello per riprendere lo scrigno, così le rose rimase occultate nel nascondiglio.

Per alcuni secoli le vicende di quel tempo persero importanza, finché nell’Ottocento il ritrovamento fortuito di alcuni appunti fra le pagine di un vecchio volume risvegliò il ricordo di quei fatti che portarono a numerose ricerche con l’aiuto di un rabdomante, ma invano. Tuttavia il documento ritrovato forniva indicazioni precise sul nascondiglio segreto, affermava che in un determinato giorno dell’autunno inoltrato, che peraltro non indicava, e solo in quel giorno, il sole, verso il tramonto, raggiungeva con i suoi raggi obliqui la nicchia segreta, facendo avvampare i rubini che riverberavano attorno al loro splendore. Allora il castello pareva avvolto da una luce infuocata che incuteva un vago senso d’inquietudine. In quel momento, e solo in quel momento, il vecchio maniero svelava il suo segreto, ma era questione di attimi, poi il colore si stemperava nelle rosate iridescenze di un quieto tramonto monferrino e per un altro anno lo scrigno poteva ritornare a dormire il suo sogno indisturbato.

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Ultima modifica: 28 Novembre 2019 alle 10:12
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